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21/11/2001
Elogio della morte

“La morte ci rende tutti uguali” scriveva James Douglas Morrison qualche anno addietro. Verissimo. Gli appassionati di democrazia, o dovrei dire di eguaglianza, dovrebbero essere dei grandi sostenitori della morte. Forse non è un caso che gli artisti si siano dedicati alla tessitura delle lodi di Sua Maestà La Morte. In questo periodo di terrorismo e guerra sembra difficile parlare in questi termini, mentre la forza ed il fascino della morte risiedono proprio nella sua capacità di sintesi. Sì, perché un corpo che muore significa tante cose, e diversi corpi che muoiono aggiungono valore ai contenuti della morte senza nemmeno saperlo.
Prendiamo in esame per un secondo proprio l’attentato dell’11 settembre e la conseguente guerra. Consideriamo la morte dei vigili del fuoco dentro le torri a NY, quella dei passeggeri degli aerei, quella dei kamikaze, quella di soldati e civili in Afghanistan ed infine quella dei giornalisti morti ieri (20 novembre).
Le posizioni di queste persone erano assolutamente distanti le une dalle altre, ma l’effetto che la morte ha avuto sulla percezione delle loro vite dall’esterno è la medesima (nonostante la difficoltà che si incontra ad analizzare freddamente la morte di un kamikaze o di un pompiere).
L’impressione che si ha, è che ciascuna di quelle persone abbia perso la vita, o conquistato la morte, mentre faceva il proprio dovere. Il pompiere cercava di portare in salvo i lavoratori delle torri, i passeggeri degli aerei si spostavano per lavoro o per motivi personali, i soldati lavoravano, i civili non si sa cosa facessero ma sono sempre civili innocenti, i giornalisti erano persone coraggiose che volevano testimoniare un mondo difficile, ed i kamikaze erano i più giustificabili di tutti. Chi è più giustificabile di qualcuno che crede talmente tanto in una cosa da decidere non solo di dedicarvi la propria vita, ma addirittura la propria morte?
Tutti sublimi.
Esseri sublimi, sublimati dalla morte. Probabilmente tra quei vigili del fuoco qualcuno in passato aveva stuprato la moglie, tra quei passeggeri qualcuno volava via dai propri loschi affari, tra quei giornalisti ce n’erano certi che vendevano la propria penna al migliore offerente e quei kamikaze erano solo degli stolti e dei deboli. Ma noi non lo sapremo mai, perché la morte li ha resi tutti uguali, ma tutti migliori di noi, che siamo ancora qui a pensare al mezzo migliore per sfuggire a Sua Maestà, l’Unica Signora che ci sublima per il solo fatto di esistere.